Spettacolo “Quasi Perfetta”,
In scena c'è solo un'attrice, Giulia Bacchetta, bravissima, coinvolta e coinvolgente.
L'argomento è delicato: l'anoressia.
E poi Giulia diventa Alice, la protagonista del monologo e racconta di com’Ë cominciato il suo disagio e delle figure che le gravitano intorno, impersonandole tutte ma senza mai perdere di vista Alice.
Il monologo dura un'ora ma è serrato, c'è movimento.
Si parla di una malattia psichica che passa attraverso il corpo, quindi il corpo cambia.
E gradualmente entriamo nel nuovo mondo di Alice, non solo nel suo dolore ma nella nuova persona che sta nascendo, nei suoi bisogni finalmente svelati, nel suo indicibile che finalmente viene espresso, nei suoi desideri.
E tutti i pregiudizi che accompagnano questa malattia sono smentiti sulla scena.
La storia di Alice è come tante in cui un disagio, apparentemente nella norma, si trasforma e si amplifica fino a sfociare in una grave patologia.
Con Alice è portata in scena una sorta di diario a flash-back, a ricordi, a immagini; la personalità della protagonista si trasforma, i suoi pensieri diventano ossessione.
Pian piano il suo disagio, nato, come spesso avviene, in modo subdolo e silenzioso, si fa eclatante e disperato.
L'anoressia cela un profondo disagio che si tenta di mettere a tacere attraverso il controllo ossessivo delle calorie e del peso.
Quasi perfetta è uno spettacolo forte e necessario, che ci fa confrontare con l’attualità e la durezza del tema grazie al linguaggio
evocativo e simbolico del teatro.
Emozioni forti accompagnano lo spettatore durante la visione di questo spettacolo, in mezzo alla sala gremita di gente, si è soli al cospetto del dolore, dei sentimenti, delle paure di Alice.
Ecco che l’anoressia viene vista come una fame disperata d’amore.
Ma né la mamma, che pensa che nel bagno lei fumi, né il papà assente, né Irene, la sua migliore amica che va con il ragazzo di cui lei era innamorata, sanno saziare questa sua fame.
Spettacolo a parer mio costruito ottimamente, dalla scelta del monologo agli effetti scenici.Il dolore del vomito è espresso esaustivamente, momento forte e sofferente quando l’attrice disegna su di se le ossa, si pittura la faccia facendsi occhiaie nere come la pece.
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